Epatite C, Italia verso eliminazione virus ma molti non sanno di essere malati

La disponibilità di terapie efficaci e ben tollerate ha rivoluzionato l'approccio della cura dell'infezione dal virus dell'epatite C (Hcv). L'Italia, secondo le ultime analisi condotte dal Center for disease analysis degli Stati Uniti, si colloca tra i 12 paesi incamminati positivamente verso il traguardo dell'eliminazione dell'infezione da Hcv. A patto di "scovare" coloro che non sanno di aver contratto l'infezione e mantenere quindi alto il numero dei trattamenti. In uno studio pubblicato sulla rivista "Liver international", i ricercatori dell'Iss, capofila di Piter (piattaforma italiana per lo studio delle terapie dell'epatite virale, coordinata da Istituto superiore di Sanità, Aisf e Simit), in collaborazione con l'Aifa e col Cda degli Usa, hanno disegnato differenti scenari per valutare le strategie più efficaci per raggiungere l'obiettivo dell'eliminazione dell'Hcv.
Gli studiosi, guidati dal medico ricercatrice italo-albanese Loreta Kondili, responsabile scientifico di Piter al Centro per la Salute globale dell'Iss (diretto da Stefano Vella), hanno concluso che, per eradicare totalmente il virus, è fondamentale mantenere alto il numero delle persone in terapia e, per far questo, è necessario uno screening mirato su particolari gruppi della popolazione generale con maggiore probabilità di avere un'alta prevalenza, scovando così il "sommerso", ovvero tutti coloro che non sanno di aver contratto l'infezione.
"Il nostro Paese è un modello nella lotta al virus dell'epatite C - dichiara Walter Ricciardi (nella foto qui a sinistra, col presidente della Repubblica Sergio Mattarella), presidente dell'Iss ed ex attore - Le stime ci dicono che l'Italia raggiungerà il primo obiettivo fissato dall'Organizzazione mondiale della Snità della riduzione del 65% delle morti Hcv-correlate nel 2022. Possiamo dire con orgoglio che questo traguardo verrà raggiunto grazie a un approccio universalistico e solidale unico al mondo, considerando oltretutto il significativo numero dei casi. E sempre grazie alle nostre politiche sanitarie, siamo sulla buona strada per raggiungere il traguardo più importante che consiste nell'eliminazione del virus entro il 2030".

Mario Melazzini (nella foto qui sotto a sinistra), direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), aggiunge: "I risultati ottenuti dalla piattaforma Piter supportano da un punto di vista scientifico la politica già messa in atto dall'Aifa nel 2017: trattare tutti i pazienti con infezione cronica da Hcv (indipendentemente dal danno epatico) produrrà importanti guadagni, in termini di salute delle persone con questa infezione, ma anche in termini di riduzione dei costi diretti e indiretti attesi da parte del Servizio sanitario nazionale. Questo studio è di supporto nel realizzare l'ulteriore obiettivo che si è posto l'Aifa, quello di mantenere un più alto numero di trattamenti annuali anti-Hcv, tra l'altro richiesto dal 'Piano nazionale epatiti', al fine di raggiungere l'eliminazione dell'Hcv in Italia".

La Kondili (nella foto a destraha spiegato che "avvalendosi dei dati della piattaforma Piter e dei dati di trattamento con i farmaci di 'Azione diretta antivirale' (Daa) forniti dall'Aifa, abbiamo provato a delineare strategie per aumentare le diagnosi e il cosiddetto 'linkage to care' (i pazienti identificati e seguiti nei centri di cura). Questo perché, seguendo l'andamento attuale dei trattamenti, è facile prevedere che, nella migliore delle ipotesi, il pool di pazienti italiani si esaurirà tra il 2025-2028, lasciando però un cospicuo sommerso.

"I pazienti diagnosticati con Hcv rappresentano, infatti, solo la parte visibile dell'iceberg dei pazienti infetti. Un numero non ben definito di persone che ha contratto l'infezione non sviluppa sintomi evidenti e dunque è difficile che venga identificata e trattata".

I ricercatori hanno perciò concluso che è necessario, per mantenere alto il numero delle persone in terapia eradicante del virus, uno screening mirato su particolari gruppi della popolazione generale con maggiore probabilità di avere un'alta prevalenza. Gruppi che vanno ad aggiungersi alle categorie ad alto rischio come i tossicodipendenti e i carcerati che rimangono comunque popolazioni target di screening e di "linkage to care" per raggiungere l'obiettivo di eliminare l'infezione da Hcv e il suo impatto sulla salute di tutti.
"Si può affermare - conclude la ricercatrice - che se il numero dei trattamenti diminuisce sotto i 35mila l'anno prima del 2025, è necessario uno screening nelle coorti di nascita dal 1948 al 1978 per aumentare il numero dei pazienti diagnosticati e indirizzarli verso il percorso di cura. Se invece il numero dei pazienti trattati si mantiene alto (non inferiore a 35mila l'anno) oltre il 2028, potrebbe essere necessario uno screening mirato nelle coorti di nascita dal 1958 al 1978 al fine di raggiungere i target dell'eliminazione".

 

 

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